mercoledì 27 dicembre 2006

Odi et amo, quare id faciam fortasse requiris,



NESCIO

SED

FIERI

SENTIO



ET

EXCRUCIOR




Gaio Valerio Catullo

J. S. Bach (1685-1750)

Ouverture (Orchestral Suite) No. 2 in  B minor, BWV 1067, VII mov. "badinerie", for flute, strings and continuo

K. Zoeller - flauto

H. von Karajan - Berliner Philarmoniker



venerdì 22 dicembre 2006

Ancora oggi, le renne della tundra

trasportano tribù di nomadi

che percorrono migliaia di chilometri in un anno...

E a vederli mi sembrano felici,


ti sembrano felici?








قشىؤخ


martedì 19 dicembre 2006

Jaufré Rudel



Dal Libano trema e rosseggia

Su ‘l mare la fresca mattina:

Da Cipri avanzando veleggia

La nave crociata latina.

A poppa di febbre anelante

Sta il prence di Blaia, Rudello

E cerca co ‘l guardo natante

Di Tripoli in alto il castello.


In vista a la spiaggia asiana

Risuona la nota canzone:

“Amore di terra lontana,

Per voi tutto il core mi duol”.

Il volo d’un grigio alcione

Prosegue la dolce querela,

E sovra la candida vela

S’affligge di nuvoli il sol.


La nave ammaína, posando

Nel placido porto. Discende

Soletto e pensoso Bertrando,

La via per il colle egli prende

Velato di funebre benda

Lo scudo di Blaia ha con sé:

Affretta al castel: – Melisenda

Contessa di Tripoli ov’è?

Io vengo messaggio d’amore,

Io vengo messaggio di morte:

Messaggio vengo io del signore

Di Blaia, Giaufredo Rudel.

Notizie di voi le fur porte.

V’ amò vi cantò non veduta:


Ei viene e si muor. Vi saluta,

Signora, il poeta fedel.–


La dama guardò lo scudiero

A lungo, pensosa in sembianti:

Poi surse, adombrò d’un vel nero

La faccia con gli occhi stellanti:

– Scudier, – disse rapida – andiamo.

Ov’è che Giaufredo si muore?

Il primo al fedele richiamo

E l’ultimo motto d’amore.–


Giacea sotto un bel padiglione

Giaufredo al cospettto del mare:

In nota gentil di canzone

Levava il supreme desir.

– Signor che volesti creare

Per me questo amore lontano,

Deh fa’ che a la dolce sua mano

Commetta l’estremo respir! –


Intano co ‘l fido Bertrando

Veniva la donna invocata;

E l’ultima nota ascoltando

Pietosa risté su l’entrata:

Ma presto, con mano tremante

Il velo gittando, scoprí

La faccia; ed al misero amante

– Giaufredo, – ella disse – son qui. –


Voltossi, levossi co ‘l petto

Su i folti tappeti il signore,

E fiso al bellissimo aspettøo

Con lungo sospiro guardò.


– Son questi i begli occhi che amore

Pensando promisemi un giorno?

È questa la fronte ove intorno

Il vago mio sogno volò?–


Sí come a la notte di maggio

La luna da i nuvoli fuora

Diffonde il suo candido raggio

Su ‘l mondo che vegeta e odora,

Tal quella serena bellezza

Apparve al rapito amatore

Un’alta divina dolcezza

Stillando al morente nel cuore.


– Contessa, che è mai la vita?

È l’ombra d’un sogno fuggente.

La favola breve è finita,

Il vero immortale è l’amor.

Aprite le braccia al dolente.

Vi aspetto al novissimo bando.

Ed or, Melisenda, raccomando

A un bacio lo spirto che muor.–


La donna su ‘l pallido amante

Chinossi recandolo al seno,

Tre volte la bocca tremante

Co’l bacio d’amore baciò

E il sole dal cielo sereno

Calando ridende ne l’onda

L’effusa di lei chioma bionda

Su ‘l morto poeta irraggiò.


Giosuè Carducci

domenica 17 dicembre 2006

sabato 16 dicembre 2006

Il sapere è un colloquio continuato nei secoli.

Noi abbiamo dato il nostro contributo e questo sia.





Richard Krautheimer

prefazione a

CBCR V, Roma, 1977

martedì 12 dicembre 2006




«Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un recinto. Sul fiordo neroazzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.»






domenica 10 dicembre 2006






Edvard Munch, "Il bacio", 1892, olio su tela, 73 x 92 cm, (Oslo, Nasjonalmuseet for Kunst)







Il dipinto presentato fa parte di una grande narrazione ciclica, "Il fregio della vita" (1893-1918), un gruppo di opere, ciascuna peraltro autosufficiente nel singolo significato seppure integrata alle altre in quello complessivo, sul tema del ciclo vita, morte e amore ("Il grido", "Il bacio", "Gli occhi negli occhi", "Vampiro", "Danza della vita"), all'interno del quale esprime una tematica più volte ripresa da Munch, quella del rapporto e dell'attrazione tra uomo e donna, interpretata secondo il modulo della sua personale poetica dell'angoscia.



Difficile trovare l'amore, in questo bacio, come del resto in altri 'baci' più volte riproposti dall'artista con variazioni anche nella tecnica utilizzata (olio, matita, acquaforte, xilografia, puntasecca), difficile trovare un sentimento di tenerezza o complicità in questa coppia misteriosa, dove i volti sono nascosti nell'ombra di un abbraccio sensuale ma non gioioso, i corpi avvolti su sè stessi, indistinguibili l'uno dall'altro, avvinghiati in quella che pare più una lotta che un contatto amoroso, in preda ad una passione struggente e malinconica.

Le due figure, tema dominante dell'opera, sono nettamente decentrate, contro ogni canone compositivo tradizionale, letteralmente sospinte verso il margine destro del quadro, ad accentuare un senso di furtività che tutto l'insieme sottolinea ed esaspera: l'ambiente non è certo un contesto romantico, è un locale modesto e disadorno, quasi che l'incontro sia casuale o clandestino, oltre i vetri della finestra si intravvede una via come tante, con vetrine illuminate, qualche passante, probabilmente l'ora tende alla sera, i colori sono piuttosto scuri, le tonalità fredde, tipicamente nordiche, dietro la tenda biancastra le forme indistinte delle due figure avvinte sfumano dal blu al nero verso una zona d'ombra assoluta che si perde oltre il limite della tela.

La perdita di identità che consegue all'impossibilità di distinguere separatamente le due figure strettamente abbracciate esprime sia l'essenza dell'amore, la con-fusione di due corpi, oltre che di due anime, sia il turbamento dei sensi, vissuto come una minacciosa possibilità di perdizione, in senso morale ma anche letterale.



Il rapporto tra uomo e donna si configura così come una tensione bipolare tra desiderio di amore e paura di amare, un rapporto ambiguo espresso dalla fusione fisica tra i due protagonisti non già sull'onda di uno slancio passionale, ma di un reciproco tentativo di annullamento ed assimiliazione (o dissoluzione): solo così Munch può trasferire in un tema ad alto contenuto emotivo, che presuppone uno stretto rapporto interpersonale a lui sempre negato, il doloroso senso di solitudine non solo psicologica o metaforica, ma tragicamente reale in un vissuto personale drammatico e traumatizzante.



Abbandonata la sinuosa eleganza della linea dell'Art Nouveau, che ritroviamo soprattutto nelle numerose acqueforti, Munch adotta un segno sommario e quasi frettoloso, sia per l'ambiente che per le figure, sotto una forte spinta espressionista che preme verso un impellente desiderio di esprimersi, con ansia, con furia, senza il filtro dell'analisi e della ragione: ma, se si tratta di Munch, "L'arte è completa quando l' artista ha detto tutto quello che doveve dire veramente.... " così scrive di lui l'amico e pittore Christian Krohg, e tutto il resto non ha importanza.


giovedì 7 dicembre 2006

Nella sorpresa, nell'abnegazione

respiri tu?

Io non vivo, a volte, e cado spento

in questo oceano di silenzio,

Ogni momento mi pare di svelarti

di più.

Poi mi spengo

e mentre dormo

mi culli con veli bianchissimi

e sempre più bella sei.

E tutto sai di me

e tutto sai di me.
Tenevo un gioiello tra le dita -

quando mi addormentai -

caldo era il giorno, e noioso il vento -

mi dissi "Resterà" -



Mi svegliai - e sgridai le mie dita innocenti,

la gemma era sparita -

Ora, un ricordo d'ametista

è tutto quello che ho -







Poetries

Emily Dickinson (245)
Per colmare un vuoto

devi inserire ciò che l'ha causato -

se lo riempi con altro -

ancor di più spalancherà le fauci -

Non si chiude un abisso

con l'aria








Poetries

Emily Dickinson (546)

mercoledì 6 dicembre 2006

Here comes the sun, here comes the sun

(And I say) it's all-right



Little darling,

it's been a long, cold, lonely winter



Little darling,

it feels like years since it's been here



Little darling,

the smiles returning to their faces



Little darling,

it seems like years since it's been here



Here comes the sun, here comes the sun

(And I say) it's all-right

Sun, sun, sun, here it comes



Little darling,

I feel that ice is slowly melting



Little darling,

it seems like years since it's been clear



Here comes the sun, here comes the sun

(And I say) it's all-right

Here comes the sun, here comes the sun

It's all-right




(Harrison/Harrison)




http://www.zshare.net/audio/the-beatles_here-comes-the-sun-mp3.html





lunedì 4 dicembre 2006


Il vento gonfiava le mie vesti,

di veramente stabile erano le mie scarpe nere

alle caviglie ortopediche.





Un tempo passavo ore in palestra

continuai a inseguirla per inerzia.




 La vidi stagliarsi tra alberi e cielo

 e dopo un piccolo volo

 camminare monca e rapida:




 avrete anche voi visto                                                                                                                       

 camminare le aquile.      
                                                                                                                    



Ho viaggiato tanto, senza muovermi di un metro. Ho visitato dei luoghi che nessuno aveva mai visto prima, ho visto dei monumenti alla Bellezza, statue dell'Intelligenza, colonne istoriate col Pensiero umano, meravigliosi templi alla dea Saggezza. Poi ho scalato una montagna, ho percorso viottoli e sentieri scoscesi, sfrondato alberi per aprirmi un passaggio, e alla fine, in cima, ho trovato una croce. Ci ho scavato sotto e ho trovato una cassettina piena di ricordi di qualcuno che, chissà come, era passato lì prima di me. Da lassù, mi sono guardato intorno e ho ammirato il panorama più mozzafiato della mia breve vita. Ho chiuso gli occhi e mi sono ritrovato immerso nell'acqua dolce di un lago: le sponde tutt'intorno mi proteggevano e io mi potevo finalmente togliere di dosso quella terra di un silenzio che troppo tempo mi aveva soffocato. Mi ricordo come fosse ora, il mio sguardo che si fermava improvviso su una bambina, o forse no, era già una ragazza: era troppo lontano perchè potessi distinguerne le fattezze. Forse era già una donna, matura in tutti i suoi aspetti e impudica. Stava ritta, sulla sponda del lago, ma in alto, tanto più in alto di me. Teneva un bastone in una mano, e ci si appoggiava, non come una vecchia stanca, ma come una amazzone in esplorazione appena scesa dal suo cavallo selvaggio, che si ferma ad ammirare un attimo, e placa la sua sete di forza perdendosi in un lago così bello. Guardava di là del lago, forse pensava a cosa stesse accadendo, in quel momento, dall'altra parte del lago, dall'altra parte del mondo. Dove contemporaneamente infinite e inconcepibili vite diverse stavano vivendo come lei ma così diversamente da lei. E io per non perdermi nella contemplazione dell'infinito e del perpetuo, mi rigettavo sott'acqua, e riemergevo chissà dove.

venerdì 1 dicembre 2006

MADRE



Madre piccina, Madre benedetta, guardo il Tuo volto assorto, accigliato e mi addoloro; mi ricordo del tempo che è passato, vanamente perduto nel tormento di tenderTi le braccia mie lontane che mai hanno raggiunto il Cuore Tuo.


Madre d'amore, oh quant'io T'ho amato.


Tu non puoi ricordare, tempo è passato da quando bimbo mi dolevo di non saperTi dire il bene mio e quando, ignara, su di me chinata, avrei voluto stringerTi al mio petto per raccontarTi del segreto del mio amore che è rimasto sepolto o rimandato ad occasioni future mai più venute, perché sempre sepolte nelle brume lontane che han diviso la Tua vita dalla mia.


Oh, Madre Mia. Oggi non parlo più, non ho parole. Resta di Te soltanto il nome Santo, quel nome che ho cercato in ogni tempo, in ogni luogo, come l'incanto grande che ci innamora sempre della vita.


Quanto è dolce il ricordo del Tuo viso.


Addio Madre del mio perduto ... Paradiso!








* Tratto da un blog pubblico, visitabile all'indirizzo blog.libero.it/Sconfinatamente/