domenica 30 luglio 2006

Lettere scritte che non hanno mai avuto senso.


Biondi guerrieri con spade d'argento.


E nella mia parte più indifesa, tu colpisci senza tregua, colpo dopo colpo, ti apri una breccia che diventa baratro, prendi ciò che resta di me e lo mescoli, poi lo getti, come se non te ne importasse niente, come se fosse rimasuglio del passato, cosa vecchia, pronta per il macero.

venerdì 28 luglio 2006

Un volo, ali spiegate.


Un volo lunghissimo.


Brezza che danza, volo con lei.


Dove sono i deliri?


Dov'è la follia?


Mi accarezza,


mi mostra un gesto vietato.

Completamente assorbiti dallo strepito e dall’animazione effimera della vita moderna,

siamo riusciti a dimenticare che una comunanza indissolubile ci unisce agli uomini dell’antichità.

Quand’ecco ci appare qualcosa di remoto e di sconosciuto che attira in nostro sguardo su cose di ordine diverso:

è come levar gli occhi dalla confusa multiformità del presente verso un nesso superiore della storia.

mercoledì 26 luglio 2006

Non ho osato, no, non ho osato. – Io poteva abbracciarla e stringerla qui, a questo cuore. La ho veduta addormentata: il sonno le tenea chiusi que’ grandi occhi neri; ma le rose del suo sembiante si spargeano allora più vive che mai su le sue guance rugiadose. Giacea il suo bel corpo abbandonato sopra un sofà. Un braccio le sosteneva la testa e l’altro pendea mollemente. Io la ho più volte veduta a passeggiare e a danzare; mi sono sentito sin dentro l’anima e la sua arpa e la sua voce; la ho adorata pieno di spavento come se l’avessi veduta discendere dal paradiso – ma così bella come oggi, io non l’ho veduta mai, mai. Le sue vesti mi lasciavano trasparire i contorni di quelle angeliche forme; e l’anima mia le contemplava e – che posso più dirti? Tutto il furore e l’estasi dell’amore mi avevano infiammato e rapito fuor di me. Io toccava come un divoto e le sue vesti e le sue chiome odorose e il mazzetto di mammole ch’essa aveva in mezzo al suo seno – sì sì, sotto questa mano diventata sacra ho sentito palpitare il suo cuore. Io respirava gli aneliti della sua bocca socchiusa – io stava per succhiare tutta la voluttà di quelle labbra celesti – un suo bacio! E avrei benedette le lagrime che da tanto tempo bevo per lei – ma allora, allora io la ho sentita sospirare fra il sonno: mi sono arretrato, respinto quasi da una mano divina. T’ho insegnato io forse ad amare, ed a piangere? E cerchi tu un breve momento di sonno perché tu ho turbato le tue notti innocenti e tranquille? A questo pensiero me le sono prostrato davanti immobile immobile rattenendo il sospiro – e sono fuggito per non ridestarla alla vita angosciosa in cui geme. Non si querela, e questo mi strazia ancor più: ma quel suo viso sempre più mesto, e quel guardarmi con pietà, e tacere sempre al nome di Odoardo, e sospirare sua madre – ah! Il cielo non ce l’avrebbe conceduta se non dovesse anch’essa partecipare del sentimento del dolore. Eterno Iddio! Esisti tu per noi mortali? O sei tu padre snaturato verso le tue creature? So che quando hai mandato su la terra la Virtù, tu figliola primogenita, le hai dato per guida la Sventura. Ma perché poi lasciasti la Giovinezza e la Beltà così deboli da non poter sostenere le discipline di sì austera istitutrice? In tutte le mie afflizioni ho alzato le braccia sino a te, ma non ho osato né mormorare né piangere: ahi adesso! Or perché farmi conoscere la felicità s’io doveva bramarla sì fieramente, e perderne la speranza per sempre? – No, Teresa è mia tutta; tu me l’hai assegnata perché mi creasti un cuore capace di amarla immensamente, eternamente.



Ugo Foscolo


Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis

lunedì 24 luglio 2006

venerdì 21 luglio 2006

Intanto che cammino intorno tutto intorno non vedo nulla ma sento e cresce in me la voglia di vedere. Non sono ancora cieca del tutto, ancora vivo ancora vive sì sì sì è così posso ancora vedere.


Ma dove sei ora maledizione ora che stai vagando dentro la mia testa e non ne esci mai. Ottusi i sensi no ora no per favore no. I cori urlano e comincio a vedere le ombre, il nirvana si avvicina lo sento perché ci sento e ci sento tanto sì le ombre sono intorno a me e all’inizio mi fanno paura ma no non devo NON DEVO.


Ecco sì così e ancora una volta, la mia corda migliore sta suonando come le campane della chiesa come il fiore che non viene colto resta piantato come una voce opaca come un sogno di pensieri irrisolti come un desiderio implacabile che alla fine si incontra con la realtà in un orgasmo di colori.


Io non che non posso ma sì che posso perché devo e se devo lo voglio anche, lo devo volere per forza, sì è vero hai ragione tu, io lo voglio come non mai! E ora corre verso di me quell’ombra ma dove si trova esattamente non lo so non posso saperlo non la vedo bene ancora e la distanza è nulla. Qui sì! In me e fuori di me! In te! Uomo! Tu chi sei?


Irresoluta


Caparbia


Profonda


Vibrante


Iterata


Reiterata


Calma


Patetica


Femminea


Carezzevole


Balli sfrenati e canti che intonano la preghiera dell’amore universale la strada che tutti percorriamo non è la stessa ma la stessa è la destinazione abbiamo pietà e comprensione a sufficienza per ogni bivio ci incontriamo ci amiamo e svaniamo la strada è diversa sì la strada è diversa e quando balliamo e corriamo e cantiamo e ci abbracciamo e poi anche quando ci scontriamo non c’è mai una fine definitiva se non alla fine della strada la strada è lunga la strada è breve ma sì la percorri anche tu e dammi la mano forza che andiamo almeno un pezzo insieme.

sabato 8 luglio 2006

 OGNUNO DI NOI


 CONTIENE L'INTERO UNIVERSO


 E NE E' RESPONSABILE.


"Che cosa vedete?"


"Una strada del Village", risponde qualcuno.


Il pittore copre il vetro con dei fogli di carta, di modo che la strada non possa essere più vista, e con il temperino ritaglia un piccolo quadrato dalla carta.


"E se qualcuno guardasse da qui, che cosa vedrebbe?"


"La medesima strada", dice un altro degli invitati.


Il pittore ritaglia diversi quadratini dalla carta.


"Così come ogni foro di questa carta contiene la stessa strada, ognuno di noi contiene lo stesso universo", dice.


tratto da: Paulo Coelho, "Come il tutto può stare in una parte"

domenica 2 luglio 2006

Lì,


mentre c'ero e non c'ero


pensavo,


e il flusso ininterrotto di pensieri si materializzava, come sempre,


in parole


ma domani... è un altro giorno, per voi che rimarrete sulla terra


per me è oggi


tutto oggi


solo oggi


La voce rispose,



in linea diretta, come sempre,


quasi fosse già passata per le orecchie


e fosse già


dentro il mio cervello


oggi?


oggi è solo un altro ieri

Hic est chromatica gradatio


quae ad caelum ascendit,


solis lucem mutuarit cum radias,


et postea descendit,


fortasse precipitat


in flucto fusco.



La nostalgia è malattia dei vecchi


e io la sento ora


tutta mia

sabato 1 luglio 2006


per parlare bisogna conoscere


e anche così non va bene lo stesso



bisogna conoscersi TANTO

indi la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gittò voce di fuori e disse: "Quando


mi diparti' da Circe, che sottrasse
me più d'un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enëa la nomasse,


né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né 'l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,


vincer potero dentro a me l'ardore
ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore"


Inferno XXVI, 88-99