lunedì 24 aprile 2006

Sono un cane, un cane abbandonato dal padrone in mezzo all’autostrada. Dove vado ora? Cosa faccio? Non ho più una ciotola per mangiare, non ho più l’acqua fresca, non ho più la cuccia e dormo tra i rovi. Il cibo lo trovo sotto gli alberi, dove qualche radice e qualche animaletto assolvono bene la funzione. Sballottato tra l’asfalto e l’abbandono, corro libero in prati che non ho mai visto. La libertà… che non esiste. La libertà… che non si può non amare. Passa un treno e io percepisco il senso di libertà mentre lo inseguo, correndo. Abbaio contro il treno; urlo ad un treno in corsa. Poi non ce la faccio a continuare ad inseguirlo, e neppure a guardarlo. E allora voltandomi e contorcendomi, vedo un altro cane, come me, uguale a me ma col pelo più chiaro. Gli occhi sono gli stessi: sta piangendo perché è stato abbandonato. Ci guardiamo con un pizzico di curiosità. Cosa fai? Soffri come me? E mi viene da ridere e mentre socchiudo le labbra per soffiare fuori un mezzo latrato, si riversano nella mia bocca bavosa decine di lacrime. L’altro cane mi guarda, e passa oltre, soffocando l’istinto, che gli uomini rivendicano per sé, della pietà reciproca. Mi abbandono al lato della striscia d’asfalto. Attendo. Sì. Qualcuno mi troverà! E poi, il mio padrone tornerà a prendermi!

Ma penso: ed è pure vero che questa immagine d’angelo dei cieli esista qui, in questo basso mondo, fra noi? E sospetto di essermi innamorato della creatura della mia fantasia.



E chi non avrebbe voluto amarla anche infelicemente? E dov’è l’uomo così avventuroso col quale io degnassi di cangiare questo stato lacrimevole? Ma come io posso dall’altra parte essere tanto carnefice mio per tormentarmi – or nol veggo? Nol vidi pur sempre? – senza niuna speranza?






 



Ugo Foscolo


Le ultime lettere di Jacopo Ortis

Folle idea di leggere un libro, stasera...


Appena gli occhi si posano sulla prima pagina,


al posto delle parole vedo la tua faccia che mi guarda coi tuoi soliti occhi dolcissimi e inevitabilmente comincio a vagare tra mille pensieri, alla ricerca della verità.


Vedo le tue mani bellissime e cerco in esse il fruscio di una carezza.


Vedo i tuoi occhi bellissimi e vi cerco dentro l'apparenza di un desiderio.


Vedo te bellissimo e cerco la fortuna, la speranza, l'amore e la felicità.

domenica 16 aprile 2006

FELICITA'


C'è un'ape che se posa su un bottone de rosa: lo succhia e se ne va... Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa.


Trilussa

mercoledì 12 aprile 2006

Va', canzone, rapida
davanti a Lei e dille
che, nel mio cuor fedele,
gioioso ha fatto luce
un raggio, dissipando,
santo lume, le tenebre
dell'amore: paura,
diffidenza e incertezza.
Ed ecco il grande giorno!
Rimasta a lungo muta
e pavida - la senti? -
l'allegria ha cantato
come una viva allodola
nel cielo rischiarato.
Vola, canzone ingenua,
e sia la benvenuta
senza rimpianti vani
colei che infine torna.


Paul Verlaine


Va', canzone, rapida

martedì 11 aprile 2006

In principio era il Mito. Il grande Iddio, che aveva poetato nelle anime degli indiani, dei greci e dei germani


e le aveva portate faticosamente a esprimersi,


 continuava a ricreare incessantemente la poesia in ogni anima infantile.







Hermann Hesse


Peter Camenzind

Adesso era morto, un nuovo Siddharta s’era ridesto da quel sonno. Anch’egli sarebbe invecchiato, anch’egli un giorno sarebbe dovuto morire; Siddharta era caduco, caduca ogni forma sensibile.



Ma


oggi


egli era giovane,


era un bambino,


il nuovo Siddharta,


ed era pieno di gioia.





Hermann Hesse


Siddharta

Ciò che succede abitualmente a un individuo si ripete più spesso di quanto si creda,


perché è la sua natura a esserne la causa immediata.


Carattere, individualità, inclinazioni, tendenze, luogo d’origine, ambiente e abitudini


costituiscono un tutto dove ciascuno si muove come in un elemento, in un’atmosfera,


nella quale soltanto si sente bene e a suo agio.





da una lettera di Ottilia




Johann W. Goethe


Le affinità elettive


Quale significato aveva avuto la mia vita, a quale scopo tante gioie e tanti dolori che erano passati su di me? Perchè avevo avuto sete del vero e del bello, se ancor oggi ero assetato? Perché avevo sofferto e versato lacrime d’ira per quelle donne desiderabili, se oggi, a testa china per la vergogna, piangevo nuovamente per un amore triste? E perché il Dio incomprensibile mi aveva posto in cuore il bruciante desiderio d’amore, se la vita mi aveva destinato a essere solitario e poco amato?



Peter Camenzind


Hermann Hesse

De profundis clamavi


 



 


Imploro pietà da Te, l’unico che io ami,


dal nero abisso dove il cuore è andato a fondo.


E’ un mondo tetro, dall’orizzonte di piombo,


dove la notte risuona d’orrore e voci blasfeme.



Si libra appena, sei mesi, sole senza calore;


gli altri sei ricopron le tenebre il suolo;


è un luogo più spoglio delle terre del Polo:


non ruscelli, né bestie, né prati, né foreste!



Non c’è il tutto il mondo orrore che superi


la fredda crudeltà di questo sole algido


e dell’immensa notte al Caos paragonabile;



invidio la sorte delle bestie più ignobili


che nel sonno dei bruti possono immergersi


tanto il filo del tempo è lungo a trascorrere!



Charles Baudelaire


(da Le Fleurs du Mal)