mercoledì 27 dicembre 2006

Odi et amo, quare id faciam fortasse requiris,



NESCIO

SED

FIERI

SENTIO



ET

EXCRUCIOR




Gaio Valerio Catullo

J. S. Bach (1685-1750)

Ouverture (Orchestral Suite) No. 2 in  B minor, BWV 1067, VII mov. "badinerie", for flute, strings and continuo

K. Zoeller - flauto

H. von Karajan - Berliner Philarmoniker



venerdì 22 dicembre 2006

Ancora oggi, le renne della tundra

trasportano tribù di nomadi

che percorrono migliaia di chilometri in un anno...

E a vederli mi sembrano felici,


ti sembrano felici?








قشىؤخ


martedì 19 dicembre 2006

Jaufré Rudel



Dal Libano trema e rosseggia

Su ‘l mare la fresca mattina:

Da Cipri avanzando veleggia

La nave crociata latina.

A poppa di febbre anelante

Sta il prence di Blaia, Rudello

E cerca co ‘l guardo natante

Di Tripoli in alto il castello.


In vista a la spiaggia asiana

Risuona la nota canzone:

“Amore di terra lontana,

Per voi tutto il core mi duol”.

Il volo d’un grigio alcione

Prosegue la dolce querela,

E sovra la candida vela

S’affligge di nuvoli il sol.


La nave ammaína, posando

Nel placido porto. Discende

Soletto e pensoso Bertrando,

La via per il colle egli prende

Velato di funebre benda

Lo scudo di Blaia ha con sé:

Affretta al castel: – Melisenda

Contessa di Tripoli ov’è?

Io vengo messaggio d’amore,

Io vengo messaggio di morte:

Messaggio vengo io del signore

Di Blaia, Giaufredo Rudel.

Notizie di voi le fur porte.

V’ amò vi cantò non veduta:


Ei viene e si muor. Vi saluta,

Signora, il poeta fedel.–


La dama guardò lo scudiero

A lungo, pensosa in sembianti:

Poi surse, adombrò d’un vel nero

La faccia con gli occhi stellanti:

– Scudier, – disse rapida – andiamo.

Ov’è che Giaufredo si muore?

Il primo al fedele richiamo

E l’ultimo motto d’amore.–


Giacea sotto un bel padiglione

Giaufredo al cospettto del mare:

In nota gentil di canzone

Levava il supreme desir.

– Signor che volesti creare

Per me questo amore lontano,

Deh fa’ che a la dolce sua mano

Commetta l’estremo respir! –


Intano co ‘l fido Bertrando

Veniva la donna invocata;

E l’ultima nota ascoltando

Pietosa risté su l’entrata:

Ma presto, con mano tremante

Il velo gittando, scoprí

La faccia; ed al misero amante

– Giaufredo, – ella disse – son qui. –


Voltossi, levossi co ‘l petto

Su i folti tappeti il signore,

E fiso al bellissimo aspettøo

Con lungo sospiro guardò.


– Son questi i begli occhi che amore

Pensando promisemi un giorno?

È questa la fronte ove intorno

Il vago mio sogno volò?–


Sí come a la notte di maggio

La luna da i nuvoli fuora

Diffonde il suo candido raggio

Su ‘l mondo che vegeta e odora,

Tal quella serena bellezza

Apparve al rapito amatore

Un’alta divina dolcezza

Stillando al morente nel cuore.


– Contessa, che è mai la vita?

È l’ombra d’un sogno fuggente.

La favola breve è finita,

Il vero immortale è l’amor.

Aprite le braccia al dolente.

Vi aspetto al novissimo bando.

Ed or, Melisenda, raccomando

A un bacio lo spirto che muor.–


La donna su ‘l pallido amante

Chinossi recandolo al seno,

Tre volte la bocca tremante

Co’l bacio d’amore baciò

E il sole dal cielo sereno

Calando ridende ne l’onda

L’effusa di lei chioma bionda

Su ‘l morto poeta irraggiò.


Giosuè Carducci

domenica 17 dicembre 2006

sabato 16 dicembre 2006

Il sapere è un colloquio continuato nei secoli.

Noi abbiamo dato il nostro contributo e questo sia.





Richard Krautheimer

prefazione a

CBCR V, Roma, 1977

martedì 12 dicembre 2006




«Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un recinto. Sul fiordo neroazzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.»






domenica 10 dicembre 2006






Edvard Munch, "Il bacio", 1892, olio su tela, 73 x 92 cm, (Oslo, Nasjonalmuseet for Kunst)







Il dipinto presentato fa parte di una grande narrazione ciclica, "Il fregio della vita" (1893-1918), un gruppo di opere, ciascuna peraltro autosufficiente nel singolo significato seppure integrata alle altre in quello complessivo, sul tema del ciclo vita, morte e amore ("Il grido", "Il bacio", "Gli occhi negli occhi", "Vampiro", "Danza della vita"), all'interno del quale esprime una tematica più volte ripresa da Munch, quella del rapporto e dell'attrazione tra uomo e donna, interpretata secondo il modulo della sua personale poetica dell'angoscia.



Difficile trovare l'amore, in questo bacio, come del resto in altri 'baci' più volte riproposti dall'artista con variazioni anche nella tecnica utilizzata (olio, matita, acquaforte, xilografia, puntasecca), difficile trovare un sentimento di tenerezza o complicità in questa coppia misteriosa, dove i volti sono nascosti nell'ombra di un abbraccio sensuale ma non gioioso, i corpi avvolti su sè stessi, indistinguibili l'uno dall'altro, avvinghiati in quella che pare più una lotta che un contatto amoroso, in preda ad una passione struggente e malinconica.

Le due figure, tema dominante dell'opera, sono nettamente decentrate, contro ogni canone compositivo tradizionale, letteralmente sospinte verso il margine destro del quadro, ad accentuare un senso di furtività che tutto l'insieme sottolinea ed esaspera: l'ambiente non è certo un contesto romantico, è un locale modesto e disadorno, quasi che l'incontro sia casuale o clandestino, oltre i vetri della finestra si intravvede una via come tante, con vetrine illuminate, qualche passante, probabilmente l'ora tende alla sera, i colori sono piuttosto scuri, le tonalità fredde, tipicamente nordiche, dietro la tenda biancastra le forme indistinte delle due figure avvinte sfumano dal blu al nero verso una zona d'ombra assoluta che si perde oltre il limite della tela.

La perdita di identità che consegue all'impossibilità di distinguere separatamente le due figure strettamente abbracciate esprime sia l'essenza dell'amore, la con-fusione di due corpi, oltre che di due anime, sia il turbamento dei sensi, vissuto come una minacciosa possibilità di perdizione, in senso morale ma anche letterale.



Il rapporto tra uomo e donna si configura così come una tensione bipolare tra desiderio di amore e paura di amare, un rapporto ambiguo espresso dalla fusione fisica tra i due protagonisti non già sull'onda di uno slancio passionale, ma di un reciproco tentativo di annullamento ed assimiliazione (o dissoluzione): solo così Munch può trasferire in un tema ad alto contenuto emotivo, che presuppone uno stretto rapporto interpersonale a lui sempre negato, il doloroso senso di solitudine non solo psicologica o metaforica, ma tragicamente reale in un vissuto personale drammatico e traumatizzante.



Abbandonata la sinuosa eleganza della linea dell'Art Nouveau, che ritroviamo soprattutto nelle numerose acqueforti, Munch adotta un segno sommario e quasi frettoloso, sia per l'ambiente che per le figure, sotto una forte spinta espressionista che preme verso un impellente desiderio di esprimersi, con ansia, con furia, senza il filtro dell'analisi e della ragione: ma, se si tratta di Munch, "L'arte è completa quando l' artista ha detto tutto quello che doveve dire veramente.... " così scrive di lui l'amico e pittore Christian Krohg, e tutto il resto non ha importanza.


giovedì 7 dicembre 2006

Nella sorpresa, nell'abnegazione

respiri tu?

Io non vivo, a volte, e cado spento

in questo oceano di silenzio,

Ogni momento mi pare di svelarti

di più.

Poi mi spengo

e mentre dormo

mi culli con veli bianchissimi

e sempre più bella sei.

E tutto sai di me

e tutto sai di me.
Tenevo un gioiello tra le dita -

quando mi addormentai -

caldo era il giorno, e noioso il vento -

mi dissi "Resterà" -



Mi svegliai - e sgridai le mie dita innocenti,

la gemma era sparita -

Ora, un ricordo d'ametista

è tutto quello che ho -







Poetries

Emily Dickinson (245)
Per colmare un vuoto

devi inserire ciò che l'ha causato -

se lo riempi con altro -

ancor di più spalancherà le fauci -

Non si chiude un abisso

con l'aria








Poetries

Emily Dickinson (546)

mercoledì 6 dicembre 2006

Here comes the sun, here comes the sun

(And I say) it's all-right



Little darling,

it's been a long, cold, lonely winter



Little darling,

it feels like years since it's been here



Little darling,

the smiles returning to their faces



Little darling,

it seems like years since it's been here



Here comes the sun, here comes the sun

(And I say) it's all-right

Sun, sun, sun, here it comes



Little darling,

I feel that ice is slowly melting



Little darling,

it seems like years since it's been clear



Here comes the sun, here comes the sun

(And I say) it's all-right

Here comes the sun, here comes the sun

It's all-right




(Harrison/Harrison)




http://www.zshare.net/audio/the-beatles_here-comes-the-sun-mp3.html





lunedì 4 dicembre 2006


Il vento gonfiava le mie vesti,

di veramente stabile erano le mie scarpe nere

alle caviglie ortopediche.





Un tempo passavo ore in palestra

continuai a inseguirla per inerzia.




 La vidi stagliarsi tra alberi e cielo

 e dopo un piccolo volo

 camminare monca e rapida:




 avrete anche voi visto                                                                                                                       

 camminare le aquile.      
                                                                                                                    



Ho viaggiato tanto, senza muovermi di un metro. Ho visitato dei luoghi che nessuno aveva mai visto prima, ho visto dei monumenti alla Bellezza, statue dell'Intelligenza, colonne istoriate col Pensiero umano, meravigliosi templi alla dea Saggezza. Poi ho scalato una montagna, ho percorso viottoli e sentieri scoscesi, sfrondato alberi per aprirmi un passaggio, e alla fine, in cima, ho trovato una croce. Ci ho scavato sotto e ho trovato una cassettina piena di ricordi di qualcuno che, chissà come, era passato lì prima di me. Da lassù, mi sono guardato intorno e ho ammirato il panorama più mozzafiato della mia breve vita. Ho chiuso gli occhi e mi sono ritrovato immerso nell'acqua dolce di un lago: le sponde tutt'intorno mi proteggevano e io mi potevo finalmente togliere di dosso quella terra di un silenzio che troppo tempo mi aveva soffocato. Mi ricordo come fosse ora, il mio sguardo che si fermava improvviso su una bambina, o forse no, era già una ragazza: era troppo lontano perchè potessi distinguerne le fattezze. Forse era già una donna, matura in tutti i suoi aspetti e impudica. Stava ritta, sulla sponda del lago, ma in alto, tanto più in alto di me. Teneva un bastone in una mano, e ci si appoggiava, non come una vecchia stanca, ma come una amazzone in esplorazione appena scesa dal suo cavallo selvaggio, che si ferma ad ammirare un attimo, e placa la sua sete di forza perdendosi in un lago così bello. Guardava di là del lago, forse pensava a cosa stesse accadendo, in quel momento, dall'altra parte del lago, dall'altra parte del mondo. Dove contemporaneamente infinite e inconcepibili vite diverse stavano vivendo come lei ma così diversamente da lei. E io per non perdermi nella contemplazione dell'infinito e del perpetuo, mi rigettavo sott'acqua, e riemergevo chissà dove.

venerdì 1 dicembre 2006

MADRE



Madre piccina, Madre benedetta, guardo il Tuo volto assorto, accigliato e mi addoloro; mi ricordo del tempo che è passato, vanamente perduto nel tormento di tenderTi le braccia mie lontane che mai hanno raggiunto il Cuore Tuo.


Madre d'amore, oh quant'io T'ho amato.


Tu non puoi ricordare, tempo è passato da quando bimbo mi dolevo di non saperTi dire il bene mio e quando, ignara, su di me chinata, avrei voluto stringerTi al mio petto per raccontarTi del segreto del mio amore che è rimasto sepolto o rimandato ad occasioni future mai più venute, perché sempre sepolte nelle brume lontane che han diviso la Tua vita dalla mia.


Oh, Madre Mia. Oggi non parlo più, non ho parole. Resta di Te soltanto il nome Santo, quel nome che ho cercato in ogni tempo, in ogni luogo, come l'incanto grande che ci innamora sempre della vita.


Quanto è dolce il ricordo del Tuo viso.


Addio Madre del mio perduto ... Paradiso!








* Tratto da un blog pubblico, visitabile all'indirizzo blog.libero.it/Sconfinatamente/

giovedì 30 novembre 2006

"A sedici anni disegnavo come Raffaello.



Ho tutta la vita per disimparare."




Pablo Picasso







Guernica

Pablo PIcasso, 1937


olio su tela, 351 × 782 cm









 
Mi piaci quando taci


Mi piaci quando taci perché sei come assente,

e mi ascolti da lungi e la mia voce non ti tocca.

Sembra che gli occhi ti sian volati via

e che un bacio ti abbia chiuso la bocca.


Poiché tutte le cose son piene della mia anima

emergi dalle cose, piene dell'anima mia.

Farfalla di sogno, rassomigli alla mia anima,

e rassomigli alla parola malinconia.


Mi piaci quando taci e sei come distante.

E stai come lamentandoti, farfalla turbante.

E mi ascolti da lungi, e la mia voce non ti raggiunge:

lascia che io taccia col tuo silenzio.


Lascia che ti parli pure col tuo silenzio

chiaro come una lampada, semplice come un anello.

Sei come la notte, silenziosa e costellata.

Il tuo silenzio è di stella, così lontano e semplice.


Mi piaci quando taci perché sei come assente.

Distante e dolorosa come se fossi morta.

Allora una parola, un sorriso bastano.

E son felice, felice che non sia così.


 


Pablo Neruda



   

domenica 26 novembre 2006

sabato 25 novembre 2006

La malinconia ha le onde come il mare ti fa andare e poi tornare

ti culla dolcemente

la malinconia si balla come un lento la puoi stringere in silenzio

e sentire tutto dentro

è sentirsi vicini e anche lontani è viaggiare stando fermi

e vivere altre vite

è sentirsi in volo dentro gli aeroplani sulle navi illuminate

sui treni che vedi passare



e perdersi tra le dune del deserto tra le onde in mare aperto

anche dentro questa città

e sentire che tutto si può perdonare, che tutto è sempre uguale

cioè che tutto può cambiare

è stare in silenzio ad ascoltare e sentire che può esser dolce

un giorno anche morire






L. Carboni

"Malinconia"













Edvard Munch

Malinconia

(1891)

Olio su tela

72 x 98 cm


venerdì 10 novembre 2006

Qual è 'l geomètra che tutto s'affige

per misurar lo cerchio, e non ritrova,

pensando, quel principio ond'elli indige,

 

tal era io a quella vista nova:

veder voleva come si convenne

l'imago al cerchio e come vi s'indova;

 

ma non eran da ciò le proprie penne:

se non che la mia mente fu percossa

da un fulgore in che sua voglia venne.

 

A l'alta fantasia qui mancò possa;

ma già volgeva il mio disio e 'l velle,

sì come rota ch'igualmente è mossa,

 

l'amor che move il sole e l'altre stelle.




Dante Alighieri

Comedìa

Paradiso XXXIII 133-145

mercoledì 8 novembre 2006

"Avanti compagni! Avanti nel nome della Rivoluzione! Viva la Fattoria degli Animali! Viva il compagno Napoleon! Napoleon ha sempre ragione!" furono le sue ultime parole, compagni.





G. Orwell

Animal Farm

domenica 5 novembre 2006

Padre degli orfani!

Fonte di gioia!

Signor delle cibarie! Oh, qual consolazion

prova l'alma mia grata

quando trepida guata

l'occhio tuo calmo e fiero,

come il sole nel cielo,

o camerata

Napoleon!






G. Orwell

Animal Farm

martedì 31 ottobre 2006

Si era riaffacciata in lui la vecchia sensazione che in fondo non aveva importanza se O'Brien fosse amico o nemico. Era una persona con cui si poteva parlare. Forse non si desiderava tanto essere amati quanto essere capiti.




George Orwell

1984

Era soltanto una speranza vana

e se ne andò come un giorno d'aprile,

ma uno sguardo e una parola

e i sogni che mi fanno sognare

mi hanno rubato il cuor!



Dicono che il tempo sana tutto

e che ogni cosa tu ti puoi scordar;

ma gli anni se ne vanno, e il tuo sorriso

ancora il cuore mi viene a straziar!






George Orwell

1984




giovedì 26 ottobre 2006




Metto un capello su di te e aspetto:


controllo che nessuno ti tocchi mentre non ci sono.






Alle volte mi capita di essere convinta

di aver fatto qualcosa.

Poi mi viene detto che non è così.

Ma io resto della mia idea,

seppur col dubbio istigato.

Qual è la verità?


martedì 24 ottobre 2006

La prof ci ha dato un tema: "cos'è il coraggio?"



Io ho scritto: "Questo"

e ho consegnato dopo 43 secondi cronometrati.





Ho preso 8.

giovedì 19 ottobre 2006

Si premette di nuovo le dita sulle palpebre. L'aveva scritto finalmente ma non era servito a nulla, la terapia non aveva funzionato.

L
'impulso di urlare parole oscene con quanto fiato aveva in gola non si era affievolito.





George Orwell

1984

martedì 17 ottobre 2006

A un dato uomo in date circostanze, sono possibili due azioni o una sola?

La risposta di tutti coloro che pensano profondamente:
una sola.



Arthur Schopenhauer

La libertà del volere umano

lunedì 9 ottobre 2006

.Costanza e Prudenza.
Franz si era, un po' per volta, abituato a quel pallore del conte che lo aveva tanto colpito la prima volta che l'aveva veduto; nè poteva fare a meno di rendere giustizia alla bellezza della testa severa, della quale questo pallore era il solo difetto o la principale bellezza. Vero eroe di Byron, Franz non poteva non solo vederlo, ma neppure pensare a lui senza immaginarsi quel tetro volto sulle spalle di Manfredi o sotto la cotta d'armi di Lara. Aveva impressa sulla fronte quella ruga che indica la presenza incessante di un amaro pensiero, aveva quegli occhi ardenti che leggono nel più profondo dell'anima, il labbro superbo e sprezzante che dà alle parole quel particolare carattere per cui si imprimono profondamente nella memoria di chi le ascolta. Il conte non era più giovane; aveva quarant'anni almeno, eppure si comprendeva a meraviglia che era fatto per dominare i giovani. In realtà, e ciò per un'ultima rassomiglianza con gli eroi fantastici del poeta inglese, il conte sembrava avere il dono del fascino.

giovedì 5 ottobre 2006

Ti darei da mangiare perchè so che hai fame.

Stringimi la mano e poi partiamo.

Ti darei acqua e vino finchè non ne puoi più di bere, finchè tutta questa sete infernale che mi arde la gola sparirà, per sempre, per sempre!

Ancora, ancora, ancora.

martedì 3 ottobre 2006


In segreto, di notte



Io t'ho prescelto fra tutte le stelle.

E sono sveglia - fiore

attento,

fra il canto basso del fogliame.

Le nostre labbra per cercare miele,

le nostre notti lucenti sbocciate.

Alla luce gloriosa del tuo corpo il mio cuore

accende i cieli.

Tutti i miei sogni pendono al tuo oro.

Io t'ho prescelto fra tutte le stelle.


 


Else Lasker-Schuler

(1869-1945)


mercoledì 20 settembre 2006

Quando è notte e vorrei dormire ma sento freddo,

dalla finestra di là entra sempre la luce brillante di una stella.

Grande.

Gialla.

domenica 17 settembre 2006

Io sono io

Tu sei tu

Se sei meno sei meno

Se sei più sei più

giovedì 14 settembre 2006

Lo spazio esterno non esiste:

tutto si svolge all'interno, nelle "viscere" racchiuse dalle pareti lisce e lucenti,

da nitidi volumi, perfettamente delineati.


La coerenza nell'associazione delle strutture interne alla monumentalità esteriore

delle opere di grandi dimensioni dà vita all'opera di Pomodoro.





A. Pomodoro, "Sfera con sfera"

1991, bronzo, Ø 330 cm

martedì 29 agosto 2006

Siete mio figlio, Dantès, siete il figlio della mia prigionia. Il mio stato mi obbliga al celibato; Dio vi ha inviato a me per consolare l'uomo che non poteva essere padre e il prigioniero che non poteva essere libero.
Ebbene! Sia pure; nuoterò fino alla fine, fino a che le braccia si stancheranno; fino a che le gambe si irrigidiranno, fino a che i crampi invaderanno tutto il corpo, e allora colerò a fondo.

domenica 27 agosto 2006

Perché 'sti due che volevano morire non sono morti cosi io non ci sarei?

Perchè se volevano morire hanno creato una nuova vita?

sabato 26 agosto 2006

Ascolta e tieni bene a mente quello che ti dico: se tu rifiuti di avvertire il Governatore del mio desiderio di parlagli, se non vuoi portare due righe a Mercedes o avvertirla almeno che io sono qui, un giorno o l'altro ti aspetto nascosto dietro la porta, e nel momento che entri, ti spacco la testa con lo sgabello.

giovedì 3 agosto 2006

Sta per sorgere, il sole, e allora mi coricherò. Una notte intera è passata, un'altra, una notte della mia vita in rosa.


Gianni è già al lavoro e io mi commuovo:


 ecco il segreto, dopo ogni notte buia c'è un'alba meravigliosa.

mercoledì 2 agosto 2006

Mi ricordo la domenica mattina, avevo cinque o sei anni, mi svegliavo placida, il mio lettino era caldo. La luce entrava tutta dalla finestra, la casa era quella vecchia, dove ora niente è come prima. Mi affacciavo dal letto e sentivo mamma e papà che parlavano, in cucina, papà beveva il tè, come sempre. Sentivo tutto l'odore di quel tè. Sentivo tutto il calore di quel tè.


 



a me quando hanno fatto na cosa per non fumare a scuola



hanno fatto passare dei residui



o qualcosa non ricordo



ho annusato



e m'è piaciuto



retrogusto di caffè, caldo, appena uscito dalla macchinetta, ha qualcosa del ferro e qualcosa dell'acqua, è amaro, sì, il retrogusto è amaro, la goccia di latte non lascia retrogusto, si percepisce solo l'amaro, amaro, Amaro come parola non definisce il caffè, Il caffè è *** Asterischi, Dopo 5 minuti che assaporo il retrogusto del caffè, ci butto sopra il sapore secco, asprigno, altrettanto caldo



del tabacco, che lascia i suoi effluvi grigi e azzurri, Lascio che il fumo esca lentamente, poi un po' più intensamente, Chiudo gli occhi eppure lo vedo lo stesso, il fumo grigio e azzurro che va e viene va e viene va e viene un rito orgiastico in cui confluiscono labbra lingua gola naso, che giocano col fumo



e intanto il retrogusto si mescola, in una fusione perfetta, caffè + sigaretta, sì!



 


domenica 30 luglio 2006

Lettere scritte che non hanno mai avuto senso.


Biondi guerrieri con spade d'argento.


E nella mia parte più indifesa, tu colpisci senza tregua, colpo dopo colpo, ti apri una breccia che diventa baratro, prendi ciò che resta di me e lo mescoli, poi lo getti, come se non te ne importasse niente, come se fosse rimasuglio del passato, cosa vecchia, pronta per il macero.

venerdì 28 luglio 2006

Un volo, ali spiegate.


Un volo lunghissimo.


Brezza che danza, volo con lei.


Dove sono i deliri?


Dov'è la follia?


Mi accarezza,


mi mostra un gesto vietato.

Completamente assorbiti dallo strepito e dall’animazione effimera della vita moderna,

siamo riusciti a dimenticare che una comunanza indissolubile ci unisce agli uomini dell’antichità.

Quand’ecco ci appare qualcosa di remoto e di sconosciuto che attira in nostro sguardo su cose di ordine diverso:

è come levar gli occhi dalla confusa multiformità del presente verso un nesso superiore della storia.

mercoledì 26 luglio 2006

Non ho osato, no, non ho osato. – Io poteva abbracciarla e stringerla qui, a questo cuore. La ho veduta addormentata: il sonno le tenea chiusi que’ grandi occhi neri; ma le rose del suo sembiante si spargeano allora più vive che mai su le sue guance rugiadose. Giacea il suo bel corpo abbandonato sopra un sofà. Un braccio le sosteneva la testa e l’altro pendea mollemente. Io la ho più volte veduta a passeggiare e a danzare; mi sono sentito sin dentro l’anima e la sua arpa e la sua voce; la ho adorata pieno di spavento come se l’avessi veduta discendere dal paradiso – ma così bella come oggi, io non l’ho veduta mai, mai. Le sue vesti mi lasciavano trasparire i contorni di quelle angeliche forme; e l’anima mia le contemplava e – che posso più dirti? Tutto il furore e l’estasi dell’amore mi avevano infiammato e rapito fuor di me. Io toccava come un divoto e le sue vesti e le sue chiome odorose e il mazzetto di mammole ch’essa aveva in mezzo al suo seno – sì sì, sotto questa mano diventata sacra ho sentito palpitare il suo cuore. Io respirava gli aneliti della sua bocca socchiusa – io stava per succhiare tutta la voluttà di quelle labbra celesti – un suo bacio! E avrei benedette le lagrime che da tanto tempo bevo per lei – ma allora, allora io la ho sentita sospirare fra il sonno: mi sono arretrato, respinto quasi da una mano divina. T’ho insegnato io forse ad amare, ed a piangere? E cerchi tu un breve momento di sonno perché tu ho turbato le tue notti innocenti e tranquille? A questo pensiero me le sono prostrato davanti immobile immobile rattenendo il sospiro – e sono fuggito per non ridestarla alla vita angosciosa in cui geme. Non si querela, e questo mi strazia ancor più: ma quel suo viso sempre più mesto, e quel guardarmi con pietà, e tacere sempre al nome di Odoardo, e sospirare sua madre – ah! Il cielo non ce l’avrebbe conceduta se non dovesse anch’essa partecipare del sentimento del dolore. Eterno Iddio! Esisti tu per noi mortali? O sei tu padre snaturato verso le tue creature? So che quando hai mandato su la terra la Virtù, tu figliola primogenita, le hai dato per guida la Sventura. Ma perché poi lasciasti la Giovinezza e la Beltà così deboli da non poter sostenere le discipline di sì austera istitutrice? In tutte le mie afflizioni ho alzato le braccia sino a te, ma non ho osato né mormorare né piangere: ahi adesso! Or perché farmi conoscere la felicità s’io doveva bramarla sì fieramente, e perderne la speranza per sempre? – No, Teresa è mia tutta; tu me l’hai assegnata perché mi creasti un cuore capace di amarla immensamente, eternamente.



Ugo Foscolo


Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis

lunedì 24 luglio 2006

venerdì 21 luglio 2006

Intanto che cammino intorno tutto intorno non vedo nulla ma sento e cresce in me la voglia di vedere. Non sono ancora cieca del tutto, ancora vivo ancora vive sì sì sì è così posso ancora vedere.


Ma dove sei ora maledizione ora che stai vagando dentro la mia testa e non ne esci mai. Ottusi i sensi no ora no per favore no. I cori urlano e comincio a vedere le ombre, il nirvana si avvicina lo sento perché ci sento e ci sento tanto sì le ombre sono intorno a me e all’inizio mi fanno paura ma no non devo NON DEVO.


Ecco sì così e ancora una volta, la mia corda migliore sta suonando come le campane della chiesa come il fiore che non viene colto resta piantato come una voce opaca come un sogno di pensieri irrisolti come un desiderio implacabile che alla fine si incontra con la realtà in un orgasmo di colori.


Io non che non posso ma sì che posso perché devo e se devo lo voglio anche, lo devo volere per forza, sì è vero hai ragione tu, io lo voglio come non mai! E ora corre verso di me quell’ombra ma dove si trova esattamente non lo so non posso saperlo non la vedo bene ancora e la distanza è nulla. Qui sì! In me e fuori di me! In te! Uomo! Tu chi sei?


Irresoluta


Caparbia


Profonda


Vibrante


Iterata


Reiterata


Calma


Patetica


Femminea


Carezzevole


Balli sfrenati e canti che intonano la preghiera dell’amore universale la strada che tutti percorriamo non è la stessa ma la stessa è la destinazione abbiamo pietà e comprensione a sufficienza per ogni bivio ci incontriamo ci amiamo e svaniamo la strada è diversa sì la strada è diversa e quando balliamo e corriamo e cantiamo e ci abbracciamo e poi anche quando ci scontriamo non c’è mai una fine definitiva se non alla fine della strada la strada è lunga la strada è breve ma sì la percorri anche tu e dammi la mano forza che andiamo almeno un pezzo insieme.

sabato 8 luglio 2006

 OGNUNO DI NOI


 CONTIENE L'INTERO UNIVERSO


 E NE E' RESPONSABILE.


"Che cosa vedete?"


"Una strada del Village", risponde qualcuno.


Il pittore copre il vetro con dei fogli di carta, di modo che la strada non possa essere più vista, e con il temperino ritaglia un piccolo quadrato dalla carta.


"E se qualcuno guardasse da qui, che cosa vedrebbe?"


"La medesima strada", dice un altro degli invitati.


Il pittore ritaglia diversi quadratini dalla carta.


"Così come ogni foro di questa carta contiene la stessa strada, ognuno di noi contiene lo stesso universo", dice.


tratto da: Paulo Coelho, "Come il tutto può stare in una parte"

domenica 2 luglio 2006

Lì,


mentre c'ero e non c'ero


pensavo,


e il flusso ininterrotto di pensieri si materializzava, come sempre,


in parole


ma domani... è un altro giorno, per voi che rimarrete sulla terra


per me è oggi


tutto oggi


solo oggi


La voce rispose,



in linea diretta, come sempre,


quasi fosse già passata per le orecchie


e fosse già


dentro il mio cervello


oggi?


oggi è solo un altro ieri

Hic est chromatica gradatio


quae ad caelum ascendit,


solis lucem mutuarit cum radias,


et postea descendit,


fortasse precipitat


in flucto fusco.



La nostalgia è malattia dei vecchi


e io la sento ora


tutta mia

sabato 1 luglio 2006


per parlare bisogna conoscere


e anche così non va bene lo stesso



bisogna conoscersi TANTO

indi la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gittò voce di fuori e disse: "Quando


mi diparti' da Circe, che sottrasse
me più d'un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enëa la nomasse,


né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né 'l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,


vincer potero dentro a me l'ardore
ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore"


Inferno XXVI, 88-99

lunedì 22 maggio 2006

                     Spleen


Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle               
Sur l'esprit gémissant en proie aux longs ennuis,
Et que de l'horizon embrassant tout le cercle
Il nous verse un jour noir plus triste que les nuits;

Quand la terre est changée en un cachot humide,
Où l'Espérance, comme une chauve-souris,
S'en va battant les murs de son aile timide
Et se cognant la tête à des plafonds pourris;

Quand la pluie étalant ses immenses traînées
D'une vaste prison imite les barreaux,                                       
Et qu'un peuple muet d'infâmes araignées
Vient tendre ses filets au fond de nos cerveaux,

Des cloches tout à coup sautent avec furie
Et lancent vers le ciel un affreux hurlement,
Ainsi que des esprits errants et sans patrie                        
Qui se mettent à geindre opiniâtrément.

- Et de longs corbillards, sans tambours ni musique,
Défilent lentement dans mon âme; l'Espoir,
Vaincu, pleure, et l'Angoisse atroce, despotique,                                         
Sur mon crâne incliné plante son drapeau noir.


Charles Baudelaire

lunedì 24 aprile 2006

Sono un cane, un cane abbandonato dal padrone in mezzo all’autostrada. Dove vado ora? Cosa faccio? Non ho più una ciotola per mangiare, non ho più l’acqua fresca, non ho più la cuccia e dormo tra i rovi. Il cibo lo trovo sotto gli alberi, dove qualche radice e qualche animaletto assolvono bene la funzione. Sballottato tra l’asfalto e l’abbandono, corro libero in prati che non ho mai visto. La libertà… che non esiste. La libertà… che non si può non amare. Passa un treno e io percepisco il senso di libertà mentre lo inseguo, correndo. Abbaio contro il treno; urlo ad un treno in corsa. Poi non ce la faccio a continuare ad inseguirlo, e neppure a guardarlo. E allora voltandomi e contorcendomi, vedo un altro cane, come me, uguale a me ma col pelo più chiaro. Gli occhi sono gli stessi: sta piangendo perché è stato abbandonato. Ci guardiamo con un pizzico di curiosità. Cosa fai? Soffri come me? E mi viene da ridere e mentre socchiudo le labbra per soffiare fuori un mezzo latrato, si riversano nella mia bocca bavosa decine di lacrime. L’altro cane mi guarda, e passa oltre, soffocando l’istinto, che gli uomini rivendicano per sé, della pietà reciproca. Mi abbandono al lato della striscia d’asfalto. Attendo. Sì. Qualcuno mi troverà! E poi, il mio padrone tornerà a prendermi!

Ma penso: ed è pure vero che questa immagine d’angelo dei cieli esista qui, in questo basso mondo, fra noi? E sospetto di essermi innamorato della creatura della mia fantasia.



E chi non avrebbe voluto amarla anche infelicemente? E dov’è l’uomo così avventuroso col quale io degnassi di cangiare questo stato lacrimevole? Ma come io posso dall’altra parte essere tanto carnefice mio per tormentarmi – or nol veggo? Nol vidi pur sempre? – senza niuna speranza?






 



Ugo Foscolo


Le ultime lettere di Jacopo Ortis

Folle idea di leggere un libro, stasera...


Appena gli occhi si posano sulla prima pagina,


al posto delle parole vedo la tua faccia che mi guarda coi tuoi soliti occhi dolcissimi e inevitabilmente comincio a vagare tra mille pensieri, alla ricerca della verità.


Vedo le tue mani bellissime e cerco in esse il fruscio di una carezza.


Vedo i tuoi occhi bellissimi e vi cerco dentro l'apparenza di un desiderio.


Vedo te bellissimo e cerco la fortuna, la speranza, l'amore e la felicità.

domenica 16 aprile 2006

FELICITA'


C'è un'ape che se posa su un bottone de rosa: lo succhia e se ne va... Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa.


Trilussa

mercoledì 12 aprile 2006

Va', canzone, rapida
davanti a Lei e dille
che, nel mio cuor fedele,
gioioso ha fatto luce
un raggio, dissipando,
santo lume, le tenebre
dell'amore: paura,
diffidenza e incertezza.
Ed ecco il grande giorno!
Rimasta a lungo muta
e pavida - la senti? -
l'allegria ha cantato
come una viva allodola
nel cielo rischiarato.
Vola, canzone ingenua,
e sia la benvenuta
senza rimpianti vani
colei che infine torna.


Paul Verlaine


Va', canzone, rapida

martedì 11 aprile 2006

In principio era il Mito. Il grande Iddio, che aveva poetato nelle anime degli indiani, dei greci e dei germani


e le aveva portate faticosamente a esprimersi,


 continuava a ricreare incessantemente la poesia in ogni anima infantile.







Hermann Hesse


Peter Camenzind

Adesso era morto, un nuovo Siddharta s’era ridesto da quel sonno. Anch’egli sarebbe invecchiato, anch’egli un giorno sarebbe dovuto morire; Siddharta era caduco, caduca ogni forma sensibile.



Ma


oggi


egli era giovane,


era un bambino,


il nuovo Siddharta,


ed era pieno di gioia.





Hermann Hesse


Siddharta

Ciò che succede abitualmente a un individuo si ripete più spesso di quanto si creda,


perché è la sua natura a esserne la causa immediata.


Carattere, individualità, inclinazioni, tendenze, luogo d’origine, ambiente e abitudini


costituiscono un tutto dove ciascuno si muove come in un elemento, in un’atmosfera,


nella quale soltanto si sente bene e a suo agio.





da una lettera di Ottilia




Johann W. Goethe


Le affinità elettive


Quale significato aveva avuto la mia vita, a quale scopo tante gioie e tanti dolori che erano passati su di me? Perchè avevo avuto sete del vero e del bello, se ancor oggi ero assetato? Perché avevo sofferto e versato lacrime d’ira per quelle donne desiderabili, se oggi, a testa china per la vergogna, piangevo nuovamente per un amore triste? E perché il Dio incomprensibile mi aveva posto in cuore il bruciante desiderio d’amore, se la vita mi aveva destinato a essere solitario e poco amato?



Peter Camenzind


Hermann Hesse

De profundis clamavi


 



 


Imploro pietà da Te, l’unico che io ami,


dal nero abisso dove il cuore è andato a fondo.


E’ un mondo tetro, dall’orizzonte di piombo,


dove la notte risuona d’orrore e voci blasfeme.



Si libra appena, sei mesi, sole senza calore;


gli altri sei ricopron le tenebre il suolo;


è un luogo più spoglio delle terre del Polo:


non ruscelli, né bestie, né prati, né foreste!



Non c’è il tutto il mondo orrore che superi


la fredda crudeltà di questo sole algido


e dell’immensa notte al Caos paragonabile;



invidio la sorte delle bestie più ignobili


che nel sonno dei bruti possono immergersi


tanto il filo del tempo è lungo a trascorrere!



Charles Baudelaire


(da Le Fleurs du Mal)