domenica 10 dicembre 2006






Edvard Munch, "Il bacio", 1892, olio su tela, 73 x 92 cm, (Oslo, Nasjonalmuseet for Kunst)







Il dipinto presentato fa parte di una grande narrazione ciclica, "Il fregio della vita" (1893-1918), un gruppo di opere, ciascuna peraltro autosufficiente nel singolo significato seppure integrata alle altre in quello complessivo, sul tema del ciclo vita, morte e amore ("Il grido", "Il bacio", "Gli occhi negli occhi", "Vampiro", "Danza della vita"), all'interno del quale esprime una tematica più volte ripresa da Munch, quella del rapporto e dell'attrazione tra uomo e donna, interpretata secondo il modulo della sua personale poetica dell'angoscia.



Difficile trovare l'amore, in questo bacio, come del resto in altri 'baci' più volte riproposti dall'artista con variazioni anche nella tecnica utilizzata (olio, matita, acquaforte, xilografia, puntasecca), difficile trovare un sentimento di tenerezza o complicità in questa coppia misteriosa, dove i volti sono nascosti nell'ombra di un abbraccio sensuale ma non gioioso, i corpi avvolti su sè stessi, indistinguibili l'uno dall'altro, avvinghiati in quella che pare più una lotta che un contatto amoroso, in preda ad una passione struggente e malinconica.

Le due figure, tema dominante dell'opera, sono nettamente decentrate, contro ogni canone compositivo tradizionale, letteralmente sospinte verso il margine destro del quadro, ad accentuare un senso di furtività che tutto l'insieme sottolinea ed esaspera: l'ambiente non è certo un contesto romantico, è un locale modesto e disadorno, quasi che l'incontro sia casuale o clandestino, oltre i vetri della finestra si intravvede una via come tante, con vetrine illuminate, qualche passante, probabilmente l'ora tende alla sera, i colori sono piuttosto scuri, le tonalità fredde, tipicamente nordiche, dietro la tenda biancastra le forme indistinte delle due figure avvinte sfumano dal blu al nero verso una zona d'ombra assoluta che si perde oltre il limite della tela.

La perdita di identità che consegue all'impossibilità di distinguere separatamente le due figure strettamente abbracciate esprime sia l'essenza dell'amore, la con-fusione di due corpi, oltre che di due anime, sia il turbamento dei sensi, vissuto come una minacciosa possibilità di perdizione, in senso morale ma anche letterale.



Il rapporto tra uomo e donna si configura così come una tensione bipolare tra desiderio di amore e paura di amare, un rapporto ambiguo espresso dalla fusione fisica tra i due protagonisti non già sull'onda di uno slancio passionale, ma di un reciproco tentativo di annullamento ed assimiliazione (o dissoluzione): solo così Munch può trasferire in un tema ad alto contenuto emotivo, che presuppone uno stretto rapporto interpersonale a lui sempre negato, il doloroso senso di solitudine non solo psicologica o metaforica, ma tragicamente reale in un vissuto personale drammatico e traumatizzante.



Abbandonata la sinuosa eleganza della linea dell'Art Nouveau, che ritroviamo soprattutto nelle numerose acqueforti, Munch adotta un segno sommario e quasi frettoloso, sia per l'ambiente che per le figure, sotto una forte spinta espressionista che preme verso un impellente desiderio di esprimersi, con ansia, con furia, senza il filtro dell'analisi e della ragione: ma, se si tratta di Munch, "L'arte è completa quando l' artista ha detto tutto quello che doveve dire veramente.... " così scrive di lui l'amico e pittore Christian Krohg, e tutto il resto non ha importanza.


1 commento:

  1. Se posso, vorrei condividere il fatto che, osservandolo, mi è immediatamente apparsa innaturale la posizione dell’uomo.

    O meglio, mi è apparsa una posizione dinamica, ma un dinamismo imposto, una reazione, non un’azione.

    Come se esprimesse la difficoltà e, contemporaneamente, il disperato, scomposto, sforzo nel cercare di adattare il proprio corpo ( e la propria anima? ) all’improvviso, violento, completo abbandono di lei, il cui capo sembra protendersi alla disperata ricerca delle labbra di lui.

    Solo una sensazione, la mia, che però ha trovato un sorprendente “seguito” qui:



    http://www.edvard-munch.com/Paintings/love/kiss_3.jpg



    Questo “Bacio” di Munch è del 1897, e mi è apparso quasi il naturale proseguimento di quello che tu hai mostrato.

    Come se le intenzioni dei due ora fossero più evidenti, ed in linea con ciò che mi aveva già colpito nel primo quadro.

    Lui sembra leggermente più composto, come se avesse, ora, un minimo controllo della situazione, anche se la sua posizione è ancora quella di chi non ha equilibrio.

    Lei, ora, oltre a pesare su di lui, lo stringe a sé, come se, contemporaneamente al raggiungerlo e all’abbandonarsi a lui , volesse aiutarlo nello sforzo comune di superare gli effetti sbilancianti dell’impatto iniziale.

    E ora, mentre ciò accade - mentre un soffio di complicità conquista terreno alla sensazione di totale individualità nelle intenzioni e nelle azioni che domina il primo quadro - oltre ai corpi non è più possibile separare nemmeno i volti, le menti.

    Strettamente personale, presumo, come sensazione, ma, per me, emozionante.



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