venerdì 28 luglio 2006

Completamente assorbiti dallo strepito e dall’animazione effimera della vita moderna,

siamo riusciti a dimenticare che una comunanza indissolubile ci unisce agli uomini dell’antichità.

Quand’ecco ci appare qualcosa di remoto e di sconosciuto che attira in nostro sguardo su cose di ordine diverso:

è come levar gli occhi dalla confusa multiformità del presente verso un nesso superiore della storia.

2 commenti:

  1. È l'intelletto superficiale che non presta all'antichità la dovuta reverenza.



    (Erasmo da Rotterdam)



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  2. L'antra matina l'Aquila romana,

    che ce ricorda, chiusa ne la gabbia,

    le vittorie d'un'epoca lontana,

    disse a la Lupa: - Scusa,

    ma a te nun te fa rabbia

    de sta' sempre rinchiusa?

    Io, francamente, nu' ne posso più!

    Quanno volavo io! Vedevo er monno!

    M'avvicinavo ar sole! Invece, adesso,

    così incastrata come m'hanno messo,

    che voi che veda? l'ossa de tu nonno?

    Quanno provo a volà trovo un intoppo,

    più su d'un metro nun arivo mai.... -

    La Lupa disse: - E' un volo basso assai,

    ma pe' l'idee moderne è pure troppo!

    E' mejo che t'accucci e stai tranquilla:

    nun c'è che l'animale forastiere

    che viè trattato come un cavajere

    e se gode la pacchia d'una villa!

    L'urtimo Pappagallo de la Mecca,

    appena arriva qua, se mette in mostra,

    arza le penne e dice: Roma nostra....

    E quer che trova becca.

    Viva dunque la Scimmia der Brasile!

    Viva la Sorca isterica

    che ariva dall'America!

    Nojantri? Semo bestie da cortile.

    Pur'io, va' là, ciò fatto un ber guadagno

    a fa' da balia a Romolo! Accicoria!

    Se avessi da rifà la stessa storia

    invece d'allattallo me lo magno!



    (Trilussa, "L'Aquila romana")

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