lunedì 9 ottobre 2006

.Costanza e Prudenza.

8 commenti:

  1. Delle doti davvero utili ma difficili da padroneggiare a pieno!

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  2. Eppure, razionalizzando, si può tentare, ogni giorno. Come in una partita a scacchi.

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  3. ...come in una partita a scacchi in cui non sai se il cavallo dell'avversario si muove a "elle" come il tuo.... dove magari l'alfiere nemico si sposta in perpendicolare, e la sua torre in diagonale.... dove il re altrui salta 4 caselle alla volta, e se muore amen, perchè per vincere dovevi solo uccidergli i pedoni che invece hai trascurato.....e dove tutto ciò non è infrangere le regole.

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  4. Noi siamo quel che siamo, e ci comportiamo sulla base di quel che siamo, per cui abbiamo delle regole di comportamento che sono costanti

    perchè basate su noi stessi: io non faccio me stessa, io sono me stessa, e riesco a fare solo quello che sono capace di fare.

    Noi viviamo in una determinata condizione, stato, luogo, tempo, persone. Subiamo il condizionamento costante di questi fattori: assumiamo connotati che si addicono a questi fattori. Assumiamo caratteristiche che si adattano a questi fattori e ci comportiamo esattamente seguendo la scia di questi fattori.

    Non ne possiamo uscire, se non quando si modificano i fattori.

    Queste sono regole, fisse, standardizzate.

    Il paradosso di avere qualcuno che plasma il tuo passato

    cioè che plasma il tuo presente mediante

    una serie di avvenimenti modificati.

    Le regole sono fisse, sulla base di tempo e spazio: io vivo ora in Italia: quando incontro qualcuno lo saluto dicendo "ciao", mica mettendomi in verticale su una mano e agitando le gambe.

    E non lo farò mai, finchè le mie condizioni saranno "ora" e "Italia".

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  5. Infatti, è giusto.

    Quello che scrivi, applicato ad ogni singolo individuo (il suo contesto, le sue esperienze, le sue condizioni, e anche "solo" la sua natura) fa sì che ciascuno giochi questa sua partita a scacchi secondo sue regole precise e standardizzate, che difenderà con lo stesso ardore e lo stesso diritto con cui lo fai tu, e che saranno diverse dalle tue, eppure ugualmente valide e rispettabili.

    I contesti che plasmano sono, ovviamente, anche molto meno ampi di un paese e di un'epoca:possono essere interiori e legati alla natura di quel minuto. Eppure, ugulmente ripsettabili, nel loro generare regole.

    Nessuno deve cambiare le proprie regole per gli altri, ma solo sapere che le regole degli altri sono personali, intime, imprevedibili, a volte incomprensibili.

    Eppure, sono valide.





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  6. Un momento: non ho detto che i contesti che plasmano possono essere diversi e meno ampi di spazio e tempo, ma ugualmente importanti.

    Ho detto che lo spazio e il tempo che plasmano possono essere di scala molto inferiore a "epoca" e "paese"; sono quindi d'accordo con te sul fatto che questi (spazio e tempo) sono i fattori primari, se non altro perchè sono loro gli elementi che ti localizzano univocamente e ti pongono in un preciso ambiente dove altri fattori più "locali", poi, intervengono.



    Non sono però d'accordo sul fatto (ma mi rendo conto che in seguito alla precisazione che ho appena fatto, ciò che vado ad "attaccare" non è esattamente quello che intendevi dire tu) che riducendo la scala dimensionale con cui spazio e tempo compongono un contesto, essi diventino fattori in subordine rispetto a "paese" e "epoca".

    Basta una frase, una parola, che, magari, per la propria storia personale (quindi un contesto spazio temporale molto più ridotto) significa "vicinanza e partecipazione" e per la storia personale dell'altro giocatore "invadenza e provocazione".

    Oppure un gesto che, nella storia dei "bianchi", significhi 'prudenza' e in quella dei "neri" significhi 'disinteresse'.

    Oppure, ancora, un'azione che dal punto di vista dei "neri" è del tutto arbitraria, mentre nel piccolo contesto spaziotemporale dei "bianchi" è in realtà impossibile non considerare assolutamente necessaria.



    Sono sempre contesti spazio-temporali che convivono nella stessa epoca e nello stesso paese, magari negli stessi mesi e nella stessa città, ma sono, in quei basilari dettagli, radicalmente diversi, e rendono le regole a volte reciprocamente incomprensibili.



    E il tuo re, protetto da uno stuolo di pedoni e alfieri, si trova mangiato da una torre che improvvisamente pare impazzita.

    "Pare", perchè non lo è: sono solo le sue regole.

    E questo rischio è applicabile a ogni attimo della partita a scacchi.



    Infatti, se noti, non ho mai detto che costanza e prudenza non siano ottime virtù da utilizzare come in una partita a scacchi: semmai, ho detto che probabilmente non sono mai abbastanza, perchè si tratta di una partita a scacchi in cui dell'avversario vanno capite le regole ancora prima che le mosse.

    Non occhi solo sulla scacchiera, insomma, ma anche (o forse ancora di più) negli occhi dell'avversario, con ancora più costanza, prudenza, e capacità di porsi nei suoi panni.

    Uno dei più grandi pregi, l'ultimo, di chi vuole vincere battaglie.

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  7. Grazie di questo ultimo post, veramente interessante e in certi punti anche emozionante.



    Ti do pienamente ragione, in fondo stiamo dicendo cose molto simili, solo usando termini diversi.



    Io non parlo di regole diverse, perchè secondo me "costanza", "prudenza", "disinteresse", sono regole comuni: cambia solo il tipo e la modalità di applicazione, che è quello che invece tu chiami "regole".



    Capire l'avversario che si ha di fronte è la prima delle regole, e mi pare che su questo siamo pienamente d'accordo, anche se magari diamo anche a questo nomi diversi.

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  8. Sì, credo anch'io che siamo d'accordo, sai?

    In fondo non è stata una piccola partita a scacchi anche questa piacevole discussione?

    E alla fine, la "mossa vincente", per entrambi (perchè spesso le partite a scacchi di questo genere le se vincono, o le si perdono, in due!) , è stato il capire che con parole diverse, che all'inizio potevano prospettare una "opposizione" stavamo in realtà cercando lo stesso obiettivo.



    La mia ultima partita a scacchi (quelli "tradizionali" - una volta giocavo molto di più, ora mi capita raramente) è stata molto particolare, sai?

    Era notte, con intorno delle montagne, ero all'aperto, camminavo su una scacchiera dipinta in mezzo ad un prato, i pezzi erano alti circa settanta centimetri ciascuno (in media, chiaramente) e potevo meditare le mosse mettendomi nel punto di vista di ciascun pezzo.

    Inutile, tecnicamente parlando, anzi, fuorviante, ma emozionante!

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